carbonari a Rovigo

Vai ai contenuti

Menu principale:

Fratta Polesine e la carboneria, i personaggi, i luighi

I CARBONARI DI FRATTA POLESINE     
Questi sono i principali carbonari di Fratta polesine arrestati in varie fasi dopo il banchetto carbonaro che ebbe luogo nel giorno di San Martino (11 novembre) del 1818 nella Villa Molin (oggi Avezzù) che era la dimora di Cecilia Monti.

Antonio Fortunato Oroboni. Nato a Ferrara il 9 agosto 1791, figlio del conte Antonio Oroboni originario di Fratta polesine. Insieme ad altri carbonari, fu condannato a morte il 23 dicembre 1821. La sentenza fu commutata dall’Imperatore in una pena detentiva da scontare sotto forma di carcere duro. Dal carcere di Venezia chiese di poter scrivere al padre settantatreenne e alla donna che amava, con la quale era in trattative di matrimonio. Fu internato nella fortezza dello Spielberg il 10 febbraio 1822 in pessime condizioni di salute, dopo un lungo viaggio di trasferimento durato circa un mese. Qualche tempo dopo arrivò nella stessa prigione Silvio Pellico con il quale strinse amicizia e dal quale fu descritta la lenta inesorabile malattia. Oroboni soffriva più per il dolore arrecato ai familiari che per le sofferenze del carcere. Dopo il primo inverno passato in detenzione, fu colpito da una tosse insistente accompagnata da sputo striato di sangue (tisi?). Pellico ci descrive magistralmente l’amicizia con Oroboni del quale subiva il carisma sempre ispirato a grandi valori. Oroboni ebbe un comportamento costantemente fermo nei suoi principi, ma mai vendicativo nei confronti dei suoi carcerieri verso i quali nutriva un sentimento cristiano di perdono. Morì il 13 giugno 1823 senza poter vedere realizzato il sogno di un’Italia libera e unita.

Cecilia Monti. Nata a Fratta Polesine il 25 ottobre del 1763 da familia di origine veneziana stabilitasi a Fratta circa due secoli prima. Sposò in prime nozze un possidente di Legnago di nome Luigi Gianotti dal quale ebbe una figlia che morì in tenera età. Il matrimonio fu poi annullato per vizio di forma.
Libera da ogni legame, frequenta i salotti di Verona dove nel 1797 conosce il gen. D'Arnaud comandante di quella piazza militare.
Nel 1803 abbandona l'Italia e si trasferisce con il marito a Parigi. Nel 1809 o 1810 nasce Giuseppe. Nel 1811 fa giuramento di fedeltà all'Imperatrice Maria Luigia e ne diventa dama di compagnia assumendo anche l'incarico di aia (educatrice) del figlio di Napoleone.
Nel 1814 Napoleone è costretto ad abdicare e viene esiliato all'isola d'Elba mentre i grandi d'Europa si riuniscono a Vienna per decidere sul nuoivo assetto politico del continente. Nel gennaio del 1815 Cecilia (probabilmente da sola) si trasferisce a Fratta dove rimane fino a metà aprile dello stesso anno quando Napoleone ritorna in Francia per un effimero tentativo di restaurare il suo potere.
Successivamente ebbe tre figli da un generale di cavalleria austriaco di nome Kunzer: di questi   Ferdinando era l'unico vivente al momento del suo arresto ed era ufficiale di cavalleria nell'esercito asburgico, Carolina, sposata con un nobile francese, era morta l'anno precedente e Lucrezia era morta nei primi anni di vita.
Cecilia ritorna a Fratta da Parigi due volte: la prima volta nel gennaio del 1815 e vi rimane fino ad aprile, la seconda nel settembre del 1818 e vi rimane fino al suo arresto avvenuto nel dicembre dello stesso anno. Durante la sua prima visita ebbe modo di riannodare i contatti con i notabili frattensi allo scopo di prepararli all'imminente guerra che Murat avrebbe scatenato contro l'Austria. Prima della battaglia di Occhiobello, che segnò la sconfitta di Murat e delle sue pretese di invadere il Veneto, giocò un ruolo piuttosto ambiguo riuscendo ad irretire in una tresca amorosa il generale ferrarese Francesco Neri che fu così distolto dagli interessi bellici.
Ritornò a Fratta tre anni dopo, nel settembre del 1818, sposata con il generale napoleonico Jean-Baptiste D'Arnaud. Riannodò i rapporti con i suoi vecchi sodali, in particolare con l'avvocato Molin con il quale con il quale diede inizio ad una tresca amorosa.
Arrestata insieme al coniuge, unitamente agli altri carbonari polesani, fu portata a Venezia dove dopo una breve detenzione, fu liberata alla fine del mese di marzo 1819 con l’ingiunzione di espatriare dal Lombardo-Veneto. Certamente il trattamento che le fu riservato dalla polizia contrasta notevolmente con le severe pene inflitte agli altri condannati, e può essere giustificato dal comportamento collaborativo e dal fatto di non essere iscritta alla Carboneria. Poco dopo l’espulsione, il suo destino diventa alquanto confuso in mancanza di precise testimonianze: secondo alcune fonti sembra che Cecilia sia morta in circostanze misteriose (forse per avvelenamento) a Bologna durante il viaggio di ritorno in Francia il 13 giugno 1819. Il marito invece spirò per morte naturale nel 1823.
Del fratello di Cecilia, Sebastiano, si hanno poche notizie: sembra peraltro che dopo una fugace prigionia sia stato messo in libertà. Da alcuni documenti risulta che nell’aprile del 1821 era già tornato nel suo paese natale.

Antonio Villa fu arrestato nel dicembre del 1818 e la sua piena confessione rese chiara a Lancetti la consistenza della rete carbonara di Fratta. Fu condannato a venti anni di carcere allo Spielberg, dove fu vicino di cella di Silvio Pellico. Non uscì vivo dalla sua prigionia perché morì il 23 giugno 1827.


______________________________________________________________________________
I LUOGHI DELLA CARBONERIA A FRATTA POLESINE

Villa Oroboni. Casa Oroboni dove Antonio Oroboni fu arrestato il 7 gennaio 1819. Nei pressi si trovava la cappella di famiglia dove Oroboni aveva nascosto dei documenti.

Palazzo Villa. Casa natale del dottor Antonio Villa, capo dei carbonari di Fratta. In questa casa si tennero numerosi incontri dei carbonari frattensi.
© Franco Gemelli.

Villa Molin, abitazione di Cecilia Monti e sede del banchetto di San Martino nel corso del quale i carbonari inneggiarono ripetutamente alla liberazione dell’Italia. Dopo alcuni giorni fu eseguita la cattura di Cecilia Monti ed Antonio Villa dando origine alle indagini sulla rete cospirativa polesana.
© Franco Gemelli.

Il ricordo dei carbonari è testimoniato dalla presenza delle loro dimore che, nel loro insieme, formano un percorso evocativo della Fratta carbonara. Inoltre nei pressi del Ponte sullo Scortico, al lato opposto rispetto alla Badoera, si trova una piccola stele chiamata la Colonna dei Martiri, opera dello scultore veronese Grazioso Spiazzi. Si tratta del primo monumento in Italia dedicato alla Carboneria (1867), l'espressione della riconoscenza dei polesani verso i primi martiri per la causa italiana.
© Franco Gemelli.

La Badoera. Splendida villa ideata dal Palladio e edificata nel 1556 per conto di Francesco Badoer, patrizio veneziano. Si trova nei pressi di Villa Molin-Avezzù. Non legata alle vicende carbonare, tuttavia essendo uno straordinario esempio di architettura palladiana, è diventata una meta obbligatoria per tutti i visitatori di Fratta Polesine.
© Franco Gemelli.

Torna ai contenuti | Torna al menu